Carnia, un solo Comune.
La mia non è una proposta politica, non ho alcuna veste per farla. E’ una proposta culturale, perché ogni cittadino dovrebbe porsi il problema del futuro della sua terra. Come proposta culturale può anche non essere immediatamente realizzabile, ma limitarsi a indicare una direzione, percorso. Leggo che Berlusconi chiede idee per “l’Italia che amiano”, io, più modestamente mi fermo al piano de’ “La Carnia che amiamo”.
Le obiezioni che mi sono pervenute e che mi sono state fatte oralmente, mi hanno confermato paradossalmente che l’idea è molto meno provocatoria di quanto possa sembrare. Mizzaro restando sul piano della provocazione dice: ma allora perché non facciamo anche il Comune della Bassa friulana… Perché la bassa non ha il vantaggio che abbiamo noi di avere una identità, potrei dire, ma il fatto non ci riguarda. La mia proposta è una soluzione che consente grossi risparmi di struttura da riversare in vantaggi per i cittadini, come sottolinea Deotto. Ma al di là dei risparmi è una proposta dalla quale derivano solo vantaggi per il territorio, a partire da quello di dare un supporto istituzionale al valore dell’identità carnica.
Scrive Titta De Stalis: così, si danneggerebbero ulteriormente le periferie. Al contrario! I piccoli comuni di periferia, finiti i vantaggi derivanti dalla gestione del bosco, per garantirsi le condizioni minime di struttura per la sopravvivenza, saranno costretti ad aumentare le tasse locali. Il Comune Carnia nella sua autonomia può diversificare la tassazione sul territorio, favorendo i residenti nelle zone più periferiche. Un unico piano regolatore, può favorire gli insediamenti nelle periferie, un unico piano di edilizia privata può incentivare il recupero del patrimonio edilizio oggi inutilizzato…
Ma perderemmo in termini di servizi… Mantenendo gli attuali Municipi, come centri di contatto con i cittadini, ed investendo sulle reti telematiche, i cittadini finirebbero per non accorgersi neppure della rivoluzione. Se non per il miglioramento dei servizi!.... Ma già oggi con Carnia Acque…Appunto, abbiamo già centralizzato alcuni servizi, creando inutili carrozzoni, per favorire i disservizi. Un unico servizio manutenzioni del Comune Carnia, con centri di intervento dislocati in periferia, garantirebbe una maggiore efficienza nella gestione del servizio idrico come di altri servizi, dal fognario, alla raccolta dei rifiuti, alla manutenzione delle strade, conglobando anche le attuali provinciali di collegamento tra i Comuni. Ma forse i vantaggi maggiori deriverebbero soprattutto nel fatto che avremmo finalmente una organismo capace di elaborare e di gestire per il territorio delle politiche sociali, culturali, di sviluppo turistico ed economico in generale…
Passando dal culturale al politico, si potrebbe anche immaginare un percorso per gradi, con un primo passaggio attraverso quello che l’UNCEM chiama il Comune dei Comuni. Senza sopprimere immediatamente nulla, si potrebbe immaginare un nuovo Comune di nome Carnia, con sede nel Palazzo Linussio, erede della Comunità Carnica, al quale per legge (e quindi obbligatoriamente!) e per gradi (con scadenze stabilite in legge) gli attuali Comuni trasferiscono le competenze. Se alla fine, per evitare qualche suscettibilità, invece che trasformare gli attuali Comuni in circoscrizioni, li si lasciasse con nome e gonfalone, con il solo compito di animazione del loro territorio, e il nuovo assumesse la qualifica di Comune Montano ai sensi della 142, il risultato in fondo non cambierebbe.
Il problema infatti non è nominalistico ma di competenze. Dare la croce del loro fallimento alle Comunità Montane mi sembra ingiusto. Chi le ha volute in questo modo, le aveva votate sin dalle origini al fallimento. Che senso ha infatti un Organismo chiamato ad elaborare piani che non hanno nessun valore cogente, a cui nessuno è obbligato ad adeguarsi?…
La mia non è una proposta politica, non ho alcuna veste per farla. E’ una proposta culturale, perché ogni cittadino dovrebbe porsi il problema del futuro della sua terra. Come proposta culturale può anche non essere immediatamente realizzabile, ma limitarsi a indicare una direzione, percorso. Leggo che Berlusconi chiede idee per “l’Italia che amiano”, io, più modestamente mi fermo al piano de’ “La Carnia che amiamo”.
Le obiezioni che mi sono pervenute e che mi sono state fatte oralmente, mi hanno confermato paradossalmente che l’idea è molto meno provocatoria di quanto possa sembrare. Mizzaro restando sul piano della provocazione dice: ma allora perché non facciamo anche il Comune della Bassa friulana… Perché la bassa non ha il vantaggio che abbiamo noi di avere una identità, potrei dire, ma il fatto non ci riguarda. La mia proposta è una soluzione che consente grossi risparmi di struttura da riversare in vantaggi per i cittadini, come sottolinea Deotto. Ma al di là dei risparmi è una proposta dalla quale derivano solo vantaggi per il territorio, a partire da quello di dare un supporto istituzionale al valore dell’identità carnica.
Scrive Titta De Stalis: così, si danneggerebbero ulteriormente le periferie. Al contrario! I piccoli comuni di periferia, finiti i vantaggi derivanti dalla gestione del bosco, per garantirsi le condizioni minime di struttura per la sopravvivenza, saranno costretti ad aumentare le tasse locali. Il Comune Carnia nella sua autonomia può diversificare la tassazione sul territorio, favorendo i residenti nelle zone più periferiche. Un unico piano regolatore, può favorire gli insediamenti nelle periferie, un unico piano di edilizia privata può incentivare il recupero del patrimonio edilizio oggi inutilizzato…
Ma perderemmo in termini di servizi… Mantenendo gli attuali Municipi, come centri di contatto con i cittadini, ed investendo sulle reti telematiche, i cittadini finirebbero per non accorgersi neppure della rivoluzione. Se non per il miglioramento dei servizi!.... Ma già oggi con Carnia Acque…Appunto, abbiamo già centralizzato alcuni servizi, creando inutili carrozzoni, per favorire i disservizi. Un unico servizio manutenzioni del Comune Carnia, con centri di intervento dislocati in periferia, garantirebbe una maggiore efficienza nella gestione del servizio idrico come di altri servizi, dal fognario, alla raccolta dei rifiuti, alla manutenzione delle strade, conglobando anche le attuali provinciali di collegamento tra i Comuni. Ma forse i vantaggi maggiori deriverebbero soprattutto nel fatto che avremmo finalmente una organismo capace di elaborare e di gestire per il territorio delle politiche sociali, culturali, di sviluppo turistico ed economico in generale…
Passando dal culturale al politico, si potrebbe anche immaginare un percorso per gradi, con un primo passaggio attraverso quello che l’UNCEM chiama il Comune dei Comuni. Senza sopprimere immediatamente nulla, si potrebbe immaginare un nuovo Comune di nome Carnia, con sede nel Palazzo Linussio, erede della Comunità Carnica, al quale per legge (e quindi obbligatoriamente!) e per gradi (con scadenze stabilite in legge) gli attuali Comuni trasferiscono le competenze. Se alla fine, per evitare qualche suscettibilità, invece che trasformare gli attuali Comuni in circoscrizioni, li si lasciasse con nome e gonfalone, con il solo compito di animazione del loro territorio, e il nuovo assumesse la qualifica di Comune Montano ai sensi della 142, il risultato in fondo non cambierebbe.
Il problema infatti non è nominalistico ma di competenze. Dare la croce del loro fallimento alle Comunità Montane mi sembra ingiusto. Chi le ha volute in questo modo, le aveva votate sin dalle origini al fallimento. Che senso ha infatti un Organismo chiamato ad elaborare piani che non hanno nessun valore cogente, a cui nessuno è obbligato ad adeguarsi?…
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